Il salto di oggi ci porta in un mondo in cui mi sono trovata a mio agio. Zappa e Spada, Padri Fondatori e Servi della Gleba, è il secondo volume di un sorprendente spaghetti fantasy, come lo ha etichettato l’editore, Acheron Books, specializzato in storie di mondi fantastici. Il libro è una raccolta di racconti, scritti da autori della scuderia della casa editrice.

Ammetto che ero molto scettica, forse perché il libro proviene da una piccola realtà editoriale (hanno pur sempre messo due punti esclamativi in quarta di copertina subito dopo una frase con i puntini di sospensione), forse perché sono sempre molto diffidente con il fantasy. Il genere mi piace, è stato quello che a 12 anni mi ha fatto innamorare della lettura con Harry Potter, ma deve essere di buona qualità. Zappa e Spada, sinceramente, ha superato le aspettative che avevo. 

copertina zappa e spada
Il secondo volume di Zappa e Spada – Padri Fondatori e Figli della Gleba

I diversi racconti sono ambientati in una sorta di Medioevo, in cui si fa ad esempio riferimento alle crociate, mentre altri sembrano quasi sconfinare nel Rinascimento e oltre. Tutti però hanno un’ambientazione comune: un’Italia fantastica, con nomi quasi familiari, ma che non sono riconducibili a nessun luogo reale. Falcamonte, Spoletaria, Quinotaria, Skandia o l’Altavia, Oltremare per l’estero, sono alcuni nomi ricorrenti, ma anche i più espliciti e a me vicini come Mediolana o Norava (che mi ha fatto un certo effetto perché credo che i personaggi siano passati dal mio paesello). 

Un’altra caratteristica che ho apprezzato, e molto italiana, è stata la presenza della religione. Nel fantasy per eccellenza manca l’aspetto religioso pervasivo, aspetto che invece ha caratterizzato la vita delle persone fino a trent’anni fa, soprattutto in un Paese come l’Italia. L’ho sempre ritenuta una grave mancanza: come ci insegna Asimov, una società che non ha un certo progresso scientifico tende a giustificare i fenomeni del mondo tramite forze superiori e superstizione. Finalmente in Zappa e Spada si nominano santi fittizi, come santa Goliarda, san Strabico, santo Ferintoldo, e si frequentano le gerarchie ecclesiastiche, come nel racconto di Livio Gambarini, La Crociata dei Pezzenti. Potrebbe essere un aspetto peculiare del fantasy italiano, declinato coerentemente con gli aspetti caratteristici dello spaghetti fantasy: senza maestose cerimonie o grandi incantesimi. 

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Spaghetti Fantasy, un fantastico ruspante e colorato 

Mi piace la definizione di spaghetti fantasy e lo trovo azzeccato a un prodotto come Zappa e Spada. Ovviamente si rifà allo spaghetti western, genere che negli anni Sessanta ha spopolato in tutto il mondo, dando nuova vita al genere western. Le differenze con il genere madre però sono evidenti: oltre ai budget ridotti, i protagonisti sono quasi sempre i reietti della società, interessati solo a sé stessi o ai soldi. 

Anche i protagonisti di Zappa e Spada sono ladruncoli che vivono di razzie, prigionieri sfuggiti ai loro aguzzini o personaggi notabili che raccontano le loro storie, colorandole più di quello che è successo davvero. Incontriamo anche un vero e nobile cavaliere, ma demolito dalla sua missione: mettere in piedi un’armata di gobbi, creature simili ad orchetti, per partire per una crociata.  

Racconti preferiti

La qualità dei racconti è notevole. Tranne due racconti che ho letto velocemente perché apprezzavo per lo stile, gli altri sono stati un piacevole passatempo. Devo per forza menzionare i miei preferiti

Il primo è il Cantico dei Briganti, di Marika Michelazzi. L’autrice ha fatto protagonisti un certo Cesco, che va in giro a correggere la sua poesiola che i compagni della brigata storpiano, e una certa Clara; Cesco è un omaccione con i capelli lunghi e neri, bello, coraggioso e modesto, che si traveste da donna per riuscire a ingannare i briganti che li vogliono rapinare, per prendere poi il loro stesso bottino. Clara invece è una ragazza sveglia che riesce a trarli dai guai nell’avventura raccontata, persino l’omaccione che è il suo uomo. Mi piacerebbe molto leggere un eventuale seguito, mi ero affezionata ai personaggi. 

Un altro è Latte di Lupa, di Marco Cardone. Una menzione speciale per questo racconto in cui i personaggi parlano un dialetto dell’estremo meridione (mi spiace, non riesco a capire se sia siciliano o calabrese). La storia brilla per situazioni comiche e per la sproporzione tra ciò che accade davvero e ciò che il protagonista, Mastro Nicola, racconta a chi lo sta ascoltando all’osteria. Il finale è da risata fragorosa. Mi sarebbe piaciuto ancora di più se il narratore avesse parlato nella stessa lingua dei personaggi. 

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Altre menzioni speciali a una notte in Quinotaria di Mauro Longo, con una crudezza forte, ma mai fastidiosa, lo chiamavano Cazzone di Masa, la contadina, il Morte e il Dahu di Julia Sienna e soprattutto non si scherza con il Sacro Fuoco di Giovanni Melappioni. In questo ultimo racconto i tre protagonisti si trovano catapultati in una battaglia tra frati-maghi da cui vogliono svignarsela il prima possibile. Bello il racconto, ma ancora meglio per la presenza delle Malebranche, i diavoli della Commedia di Dante: Drighignazzo, Calcabrina, Libicocco e Barbariccia.

La lotta tra Alichino e Calcabrina della Divina Commedia, rappresentata da Gustave Dorè

Fantasy boccaccesco

Un bel libro, di poco più di 250 pagine, che può trasportarvi in una dimensione fantastica, ma non così lontana. Tanto che secondo me non c’era bisogno di citare all’inizio di ogni racconto un passo di Dante, Tasso o Calvino, come a voler nobilitare il racconto o per contestualizzarlo. Se i protagonisti sono fieri di essere così ruspanti non c’è bisogno di nobilitarli. Ed è proprio questo il punto forte di questo nuovo genere: i protagonisti sono tra le figure più scalcagnate, con meno risorse, ma proprio per questo costretti ad andare oltre e ad aguzzare l’ingegno.

Insomma, è come se Tolkien non avesse affiancato ai quattro hobbit il grande stregone o gli elfi bellissimi. Ci si muove in una novella boccaccesca, quando invece dal fantasy ti aspetteresti la compostezza e la maestosità dei cavalieri dei cicli arturiani o personaggi integerrimi come gli sceriffi dei western americani. Invece no, Zappa e Spada ripropone i canti concreti dei Carmina Burana, che narrano di persone tutte sottomesse al volere della Fortuna, ma a cui ti affezioni e che non vorresti lasciare andare.