Il salto che voglio proporvi ci porterà in un mondo fittizio, creato dalla penna eccellente di José Saramago, di cui ricorre la nascita il 16 novembre. Fin dall’inizio dobbiamo fare attenzione: Saggio sulla lucidità, uscito nel 2004, non è un saggio, ma un romanzo. Come molti altri libri di Saramago, è edito da Einaudi, nella collana dei Supercoralli catalogato quindi genericamente come romanzo di un autore del Novecento. Il libro potrebbe essere considerato un seguito a Cecità, uscito nel 1999, sebbene la sottoscritta non lo abbia ancora letto e se si sia goduta comunque Saggio sulla lucidità.
Il Paese senza nome
Ma, come molti Supercoralli, Saggio sulla lucidità nasconde una sorpresa. Saramago ci porta in un Paese senza nome, nella sua Capitale senza nome, proprio nel giorno delle elezioni. Il romanzo si apre con la costituzione del seggio 14, con gli scrutatori che attendono l’arrivo degli elettori che devono compiere il loro diritto e dovere più importante. Il tempo non è dei migliori, anzi, ma i rappresentati dei tre partiti che concorrono non hanno dubbi: i cittadini arriveranno presto.
I votanti del mio partito sono persone che non si intimoriscono per così poco, non è gente da restarsene a casa per quattro misere gocce d’acqua che cadono dalle nuvole. Per la verità, non erano quattro misere gocce, erano secchiate, erano brocche, erano nili, iguazùs e iangtses, ma la fede, sia essa per sempre benedetta, oltre a rimuovere le montagne dal cammino di coloro che del suo potere beneficiano, è fin capace di avventurarsi nelle acque più torrenziali e venirne fuori asciutta. (p. 4)
La giornata di questi poveri scrutatori passa in un’attesa snervante. Dovranno aspettare il finire dell’acquazzone perché gli elettori arrivino, tutti insieme. Ma fin dall’affluenza è già chiara un’astensione altissima, che serba un’altra sorpresa, ben peggiore: sebbene il p.d.d., il partito di destra, come lo chiama Saramago, abbia confermato la maggioranza, più dell’80% degli elettori ha scelto scheda bianca. Non manca il partito di sinistra, il p.d.s. nel libro, che tenta di accaparrarsi i voti bianchi affermando che il voto in bianco e il proprio, per dirla con una metafora, sono unghia e carne (p. 60). Ma non si scappa dalla realtà: gli elettori si sono espressi con un voto indecifrabile. Non servirà neanche ripetere le elezioni, il dato rimarrà quello.
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Il romanzo però non è un saggio sociologico e troviamo protagonisti e antagonisti, anch’essi come il loro Paese rimangono senza nome, che porteranno avanti una storia fatta di crescente sospetto e repressione. Una protesta così indecifrabile, infatti, non è vista di buon occhio dalle istituzioni.
Come detto, Saramago non specifica quale sia realmente questo Paese, ma si è ispirato al suo Portogallo. È evidente che lo scrittore non aveva molta fiducia nelle istituzioni del suo Paese; infatti ebbe a dire: se il Saggio sulla lucidità non causerà polemiche è perché la società dorme.
Un mondo piatto in cui le ombre si nascondono
Leggendo questo romanzo, sentivo chiaramente un’atmosfera inquietante, talvolta claustrofobica. All’inizio, con l’apertura del seggio 14, mi tornava in mente la canzone di Samuele Bersani, lo scrutatore non votante, che, vista l’astensione, era anche verosimile. Mi immaginavo questo mondo come tinto di bianco, senza ombre né profondità, colorato al massimo da strillanti manifesti elettorali.
Inoltre, le parole di Saramago mi facevano pensare a un mondo silenzioso, in cui la protesta degli elettori, con l’astensione o la scheda bianca, si fosse unificata in un’onda bianca, contrapposta ai discorsi verbosi dei politici, che cercano di capire il perché di questa reazione. Un mondo silenzioso in cui stare attenti a non far sentire il proprio dissenso per paura di repressione.
Come se a un certo punto le persone si fossero stufate di sgolarsi per esprimere la propria preferenza tramite il voto e avessero iniziato a protestare in silenzio, unificati e nascosti nell’anonimato della scheda bianca. I biancosi li chiameranno, questi silenziosi, ma ribelli cittadini.
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Il muro di parole di Saramago
Non manca lo stile ironico e incalzante di Saramago, che mi ha fatto innamorare di questo scrittore. Aprendo Saggio sulla lucidità, o anche Storia dell’assedio della città di Lisbona, ci si trova davanti a una pagina fitta fitta di parole, senza virgolette che segnalino dialoghi, con ben pochi a capo che spezzino l’andamento della lettura e del discorso. Di questi tempi, fatti di lettura digitale e veloce, più simile a una scansione che a una lettura attenta, è scoraggiante, ma il ritmo della narrazione riesce a portarti fino in fondo, fino al finale tragico di una protesta silenziosa.