Gioco a carte scoperte. Q dei Luther Blissett è il libro che leggerei e rileggerei all’infinito. È il libro che mi porterei su un isola deserta o in un viaggio di anni verso il pianeta più vicino per salvarci dall’estinzione. È zeppo di orecchie e sottolineature, è sgualcito e il dorso è ormai segnato dalle tante aperture forzate. È capace di stupirmi ogni volta che lo riapro.

Q è un libro che è stato pubblicato nel 1999, l’anno scorso è stata fatta un’edizione speciale e illustrata per i 20 anni di successo. È stato tradotto in inglese, spagnolo, tedesco, olandese, francese, portoghese, danese, polacco, greco e coreano. Questa recensione, dunque, non potrebbe essere più entusiastica.

Iniziamo dall’autore. Luther Blissett è il nome di un collettivo, mutato poi in Wu Ming dagli anni Duemila. Ne ho sentito parlare all’università, durante una lezione che trattava di un altro loro romanzo, Manituana. Come i libri di questi autori, anche Q è pubblicato con licenza copyleft. 

A Q è seguito un altro libro, Altai, pubblicato dieci anni dopo. La storia narrata prende le mosse circa quindici anni dopo la fine di Q ed ha per protagonista Emanuele de Zante, o Manuel Cardoso. Il seguito non è all’altezza di Q, ma è di sicura qualità.

Un protagonista senza nome nelle guerre dell’Europa del Cinquecento

L’ambientazione di Q non è di quelle che mi aspettavo potesse nascondere il mio libro preferito: l’Europa della Riforma. Sono appassionata di storia antica, di ambientazioni del mondo classico e più si va avanti nei secoli e meno mi trovo in un ambiente familiare. Non è stato questo il caso, forse per la narrazione in prima persona al presente del protagonista ti prende per mano e ti accompagna in mezzo ai conflitti dell’Europa della prima metà del Cinquecento. Anzi, il più delle volte ti ci lancia dentro senza neanche avvertirti del pericolo.  

martin lutero
Martin Lutero appare in un ricordo del protagonista nei primi capitoli

Q è diviso in tre parti, ognuna dedicata a una diversa causa abbracciata dal protagonista. Lo posso chiamare solo protagonista perché in 643 pagine i Luther Blissett non rivelano mai il suo vero nome. Ad ogni traversia, infatti, corrisponde un nuovo nome: Gustav Metzger, Gerritt Boekbinder (meglio conosciuto come Gert dal Pozzo), Ludwig Schalidecker, Tiziano. Come un nuovo battesimo per ogni nuovo inizio. 

Le sue disavventure iniziano con la battaglia di Frankenhausen, per poi fuggire e finire dagli anabattisti di Anversa e raccontare della disfatta di Munster, forse le pagine che mi hanno impressionata di più per crudezza e crudeltà, e finire a Basilea e Venezia

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Come detto, tutto inizia nell’Europa della Riforma, in un territorio che ribolle socialmente: la Germania. Il protagonista si convince prima delle idee di Lutero, poi degli anabattisti e infine della necessità di diffondere il Beneficio di Cristo, un libro malvisto dalla Chiesa. Si spinge a sostenere queste cause anche partecipando ad attacchi armati che, come intuiamo fin dalla prima pagina, non versano mai a suo favore. Q è un libro con un andamento da montagne russe: il protagonista si innamora di una causa, si vota totalmente ad essa per poi perdere ed essere costretto alla fuga. 

Essere puri non significa separarsi dal mondo, condannarlo, per obbedire ciecamente alla legge di Dio: se vuoi cambiare il mondo degli uomini devi viverlo. (p. 355)

L’ombra misteriosa di Q

Tutto questo potrebbe già bastare per fare di Q un gran bel libro. Invece c’è un altro aspetto da mettere in luce: ad ogni passo del protagonista corrisponde una lettera di un personaggio misterioso, che si firma con una Q, il fedele osservatore che scrive all’illustrissimo e reverendissimo signore e padrone osservandissimo cardinale Carafa. C’è qualcuno che tiene d’occhio nell’oscurità il nostro avventuroso protetto, senza mai scoprirsi, e riporta le sue mosse a un cardinale il cui unico obiettivo è fermare le eresie. Un’ombra che ne segue i passi dalla Germania all’Italia. Questo rincorrersi, questa rivalità nascosta, impalpabile e unidirezionale, è la tensione che più mi ha tenuta incollata a questo libro; è una scossa che ricorda sempre al lettore di quei due occhi inquisitori che tutto vedono. Ti sorprendi anche a chiederti se le loro strade si incontreranno mai, mentre il protagonista pensa di andare in tutt’altra direzione. 

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Gert dal Pozzo e le altre sorprese

L’ultima nota da sottolineare in Q è lo stile. Il tomo scorre come fosse un fumetto, ma lasciando pagine memorabili. Come quella di Gert dal Pozzo, flusso di coscienza in cui il protagonista fa di tutto per rimanere aggrappato a una corda dentro un pozzo. Non può tornare su perché lo attendono uomini che stanno facendo a botte per lui. Un brano che dovrebbe essere fatto leggere a scuola. O la descrizione di Venezia o della cattedrale di Munster. Avevo letto qualcosa di simile sempre nel loro Manituana, ma in Q è tutto elevato a potenza. 

In questa terra che non è terra, i colori attaccano la visione con ripetuti sussulti e l’abbigliamento onirico degli umani pare fatto apposta per disorientare il viandante, sotto i colpi di bizzarre forme geometriche, ciprie e seni scoperti, oblunghi copricapo, acconciature fantastiche e incredibili calzature. Provocano allucinate emozioni e sobbalzi a ogni calle, accompagnati da scoppi d’ira improvvisi che tanto cari appaiono agli abitanti unici di questa città d’altri mondi. (p. 468, la descrizione delle strade di Venezia)

Non mi interessa la filosofia e le motivazioni religiose dietro alle idee sostenute dal protagonista, non mi interessa la storicità dei personaggi (anche se i Wu Ming/Luther Blissett sono usi al genere storico con attenti studi preliminari). È come leggersi il Nome della Rosa e andare a questionare sulle parti filosofiche: lo trovo senza senso. 

Q è un libro su un uomo che si convince in ogni epoca della sua vita che il mondo si può cambiare in meglio per poi arrivare sempre alla disfatta. È la storia di un uomo sullo sfondo delle guerre del Sedicesimo secolo in Europa. Q ti trascina fin dalle prime righe, fin da quella palla di cannone che ti sfiora, dalla fuga del protagonista da Frankenhausen, per la sua trama, per i suoi personaggi e per il suo stile. Tutto perfetto. 

Tremo. L’istante è immobile. Sospesi nel tempo, la notte cancella il mondo oltre la piazza, più niente, soltanto noi, qui, riuniti in un solo respiro. Compatta nel terrore delle parole, l’armata della Luce. I suoi occhi percorrono le fila, arruolandoci uno dopo l’altro. Timore e orgoglio, e ancora certezza, perché nient’altro può scacciare la paura di quelle parole. Essere all’altezza del compito. 

Tremo. Volevamo la città. Ci ha messo davanti il Regno. Volevamo il Carnevale della libertà, ci ha regalato l’Apocalisse. (p. 295)