Fondazione e Terra di Isaac Asimov è il volume che chiude la saga della Fondazione e lo fa rispettando tutte aspettative della storia iniziata dall’incontro in ascensore tra il timido Gaal Dornick e Hari Seldon. Il libro è un viaggio avvincente per l’universo, alla ricerca del pianeta su cui millenni è nata l’umanità.
Fondazione e Terra prosegue la storia iniziata in l’Orlo della Fondazione, il libro da cui inizia l’avventura di Golan Trevize e di Yanov Pelorat, il suo compagno di viaggio, per la seconda volta personaggi principali del libro.

La trama di Fondazione e Terra

All’inizio del libro, troviamo Trevize, per la seconda volta protagonista, su Gaia, insieme a Pelorat e Bliss, diventata la partner del professore. Alla fine del libro precedente, Trevize aveva deciso che sarebbe stata Gaia il futuro della galassia, ma, nonostante tutte le rassicurazioni dei suoi abitanti, non è affatto convinto della scelta fatta. Perché mai avrebbe dovuto scegliere un futuro di omologazione? Che fine faranno l’individualità e il libero arbitrio?
Fin da l’Orlo della Fondazione, Asimov rende chiarissimo che Golan è sicuro di se stesso e delle decisioni che è capace di prendere, famose perché, partendo da dati incerti, giunge alla giusta conclusione. Ecco qui il primo difetto che ho notato. Mi è sembrato che ci fosse troppa insistenza su questa sua capacità. Non è una caratteristica nuova, anzi in l’Orlo della Fondazione queste intuizioni ci sono già, ma per tutto Fondazione e Terra Trevize diventa un predestinato dai poteri quasi magici, contro cui tanto lui stesso si batte.

«La superstizione guida sempre l’azione in mancanza della conoscenza. La Fondazione crede nel Piano Seldon, anche se nessuno di noi è in grado di capirlo, di interpretarne i dettagli, o di usarlo per predire. Lo seguiamo ciecamente, per ignoranza o per fede… non è superstizione anche questa?» Golan Trevize, p. 146

In viaggio verso la Terra

Trevize sente quindi il bisogno di una conferma per il destino che ha scelto: insieme a Bliss e Pelorat, parte quindi alla volta della Terra, l’unico posto in cui può scoprire se ciò che ha scelto è giusto o sbagliato. Peccato che nessuno sappia dove si trovi, anzi, le leggende che abbiamo sentito dal professore fin da l’Orlo della Fondazione non promettono nulla di buono. Ce lo dice subito uno dei personaggi che più mi sono piaciuti di questo libro, la decisa ministra dei trasporti di Comporellen, Mitza Lizalor.

«Rappresenta un mondo da cui tutti discendiamo, e che ora non esiste più. È qualcosa di tragico, e noi lo sentiamo in modo particolare perché quel mondo era vicino a noi. Preferiamo non parlarne o, se dobbiamo, preferiamo non usare il suo nome» Mitza Lizalor, p. 138-139

La storia prosegue di pianeta in pianeta e ognuno di questi dà il nome a una parte del libro: Gaia, Comporellen, Aurora, Solaria, Melpomenia. Ho vissuto il viaggio intero con molta curiosità e tensione: su ogni pianeta infatti si trovano situazioni con cui si metteranno alla prova le diverse capacità dei nostri eroi.

Asimov oltre la Fondazione e il piano Seldon

Fondazione e Terra ci porta fuori dall’universo asimoviano, a cui la trilogia della Fondazione ci aveva abituato e l’Orlo della Fondazione aveva radicato il conflitto tra Golan Trevize e l’oratore Stor Gendibal. Fuori dal piano Seldon, fuori dalle Fondazioni, fuori dalle crisi e dalle preoccupazioni politiche. Forse proprio per questo sembra così diverso dagli altri, forse proprio per questo mi è sembrata la giusta chiusura. Anche lo stile è molto diverso da quello della trilogia originaria. Il romanzo è del 1986, sono passati trent’anni dalla pubblicazione del capolavoro della fantascienza di Fondazione e Asimov aveva già attraversato molte altre tematiche. Lo stile è molto meno conciso rispetto ai libri della Trilogia della Fondazione, più tipico di un romanzo, ad esempio, con meno cliffhanger.

I personaggi di Fondazione e Terra

Ho notato con piacere che in Fondazione e Terra le donne hanno ruoli forti e di primo piano, a partire da Bliss, l’intelligente e premurosa gaiana. Anche la ministra Mitza Lizalor di Comporellen vi stupirà.
Ho apprezzato moltissimo anche lo sviluppo del rapporto tra Bliss e Trevize, e ringrazio Asimov per non averli fatti finire insieme. La vicinanza obbligata nel piccolo spazio della navicella li spinge spesso a battibeccare sulla decisione presa da Trevize. Ma in questo libro Trevize si rivela meno sicuro di quello che era sembrato in l’Orlo della Fondazione. Bliss cerca di convincerlo che Gaia è stata la scelta migliore che potesse fare, mentre Trevize trova tutte le motivazioni per andarle contro, anche ferendola o contraddicendo proprio ciò che lui stesso aveva scelto.

«Su Terminus usiamo l’espressione “agire in base a un presagio”»
«Su Gaia diciamo “sapere senza pensiero”. Non ti piace sapere senza pensiero, eh?»
«No, è seccante. Non mi va di essere guidato da vaghi presagi. D’accordo, dietro il presagio si cela una ragione, ma il fatto di non sapere quale sia questa ragione è spiacevole. Ho l’impressione di non poter controllare la mia mente… Una specie di lieve pazzia.» Golan Trevize e Bliss, p. 227

Ci sono moltissimi dialoghi tra i due, il cui soggetto sono il libero arbitrio o l’autodeterminazione di una persona in un gruppo sociale più ampio. Trevize si rivela anche egoista ed egocentrico, se confrontato a Bliss. Non mi piacciono personaggi di questo tipo, ma in fondo Trevize ammette a sé stesso le sue debolezze e mitiga così quella ostentata sicurezza.

Comporellen, Aurora, Solaria e Melpomenia: i pianeti del viaggio di Fondazione e Terra

Come gli altri libri di Asimov dedicati alla Fondazione letti fino a ora (tutti tranne i prequel), Fondazione e Terra mi ha tenuta con il fiato sospeso per quasi 524 pagine. Mi ha trasportato in un viaggio da un pianeta all’altro in cerca della Terra, in cui io stessa cercavo disperatamente un segnale che Golan, Yanov e Bliss fossero arrivati nei pressi del nostro sistema solare.
Ho apprezzato in modo diverso tutti i pianeti visitati: Comporellen, il pianeta freddo, Aurora, il pianeta dei cani, Solaria, il pianeta dove vivono ermafroditi dalle capacità superiori in gigantesche tenute e da dove i protagonisti ripartono con Fallom, una ragazzina salvata da Bliss. Ma è stato Melpomenia che mi ha colpito di più. Un pianeta abbandonato e in disfacimento, su cui Golan e Yanov visitano con tute speciali le rovine di una civiltà antichissima e ormai perduta. Mi ha ricordato, ma senza le implicazioni ecologiche o le sfumature horror, Annientamento di VanderMeer, fresco di lettura.

Arrivati al climax, però, il ritmo ha rallentato moltissimo e Asimov risolve tutto questo grande viaggio universale, che ha fatto confrontare l’umano Golan con tutti i pericoli del futuro e della sua scelta, con uno spiegone. All’ultima pagina ero un po’ delusa dal punto che l’autore stava mettendo, che secondo me non chiudeva con la stessa forza ciò che aveva aperto. Asimov, però, salva tutto nelle ultime tre righe: Golan ormai non ha più dubbi sulla sua decisione, ma posa il suo sguardo su Fallom e intuisce le potenzialità distruttive dello stesso mondo che credeva perfetto. Un finale inaspettato e aperto, tanto quante le possibilità nell’universo.

Come in Fondazione e Impero si può intuire chi poteva essere il Mulo, neanche qui sfugge quel brivido che circonda Fallom, se non altro perché lo dice l’intuizione di Golan, di cui non si deve mai dubitare. Ma questa sensazione non ha pesato sulla narrazione e mi sono goduta senza pensieri l’ultimo viaggio entusiasmante per la galassia.